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NOZIONE PICCOLO IMPRENDITORE


Piccolo Imprenditore:

L'art. 1 modificato dal Dlgs. N. 169 elimina ogni riferimento alla nozione di piccolo imprenditore commerciale (art. 2083 c.c), utilizzando esclusivamente requisiti dimensionali per delimitare l'area dei soggetti esonerati dalle procedure concorsuali.

Accanto ai due criteri strettamente dimensionali già individuati dalla riforma, viene inoltre introdotto un ulteriore terzo parametro, avente ad oggetto la misura dell'esposizione debitoria dell'imprenditore.
Conseguentemente sono assoggettabili a fallimento tutti gli imprenditori commerciali (individuali o collettivi, piccoli o medi, artigiani o commercianti) che non riescano a dimostrare il possesso congiunto dei tre requisiti, che verranno di seguito individuati.

Il primo comma assoggetta alle disposizioni sul fallimento e sul concordato preventivo gli imprenditori che esercitano un'attività commerciale, esclusi gli enti pubblici, pertanto viene confermata la non fallibilità: DELL'IMPRENDITORE AGRICOLO a prescindere delle dimensioni in quanto si tratta di imprenditore non commerciale; DELLE IMPRESE DI GRANDI E GRANDISSIME DIMENSIONI che, se esistono possibilità di risanamento sono soggette alle procedure di amministrazione straordinaria previste dal Dlgs. 8/7/99 N. 270 e dal D.L. N. 347/2003. Non rileva invece la qualità di artigiano, assorbita dal parametro dimensionale.

Requisiti dimensionali:

Il secondo comma individua tre requisiti dimensionali, aggiornabili ogni tre anni con decreto del Ministro della Giustizia, sulla base della media delle variazioni degli indici ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di operai impiegati intervenute nel periodo di riferimento.
Tali requisiti sono:
ATTIVO PATRIMONIALE
RICAVI LORDI
INDEBITAMENTO


Va ricordato che i requisiti dimensionali costituiscono un limite non soltanto per l’accesso al fallimento, ma anche al concordato preventivo.

ATTIVO PATRIMONIALE

a) Attivo patrimoniale
:
Viene sostituito quello di incerta definizione degli investimenti nell'azienda con quello più preciso dell'attivo patrimoniale il quale consente di far riferimento alla precisa elencazione contenuta nell'art. 2424 c.c., ovvero, in caso di bilancio redatto in forma abbreviata, di cui all’art. 2435 bis.
Qualche incertezza potrebbe sorgere circa i beni in leasing traslativo, il cui valore potrebbe essere aggiunto all'attivo. Le indicazioni sulla somma complessivamente investita si ricavano dalla nota integrativa al bilancio.
Per quanto riguarda il caso di fallimento di una persona fisica la dottrina ritiene che nel valore complessivo dell'attivo patrimoniale debbono essere ricompresi anche i beni personali del fallito. Quando invece fallisce una società di persone non devono essere ricompresi nell'attivo patrimoniale anche i beni dei soci falliti per estensione nonostante tale patrimonio sia poi acquisto al fallimento.

b) Periodo di riferimento temporale L'imprenditore deve aver avuto un attivo patrimoniale di ammontare complessivo annuo non superiore a euro 300,000 nei tre esercizi antecedenti la data di deposito della istanza di fallimento o dall'inizio dell'attività se di durata inferiore.
La precisazione dell'elemento temporale delimita il campo di indagine del Tribunale e corrisponde alla previsione dell'art. 14 L.F. ciò impone al creditore che chiede il proprio fallimento di depositare presso la cancelleria del Tribunale le scritture contabili e fiscali obbligatorie relative ai tre esercizi precedenti, evidentemente al fine di dimostrare il raggiungimento di tale requisito dimensionale.
Con riferimento alla data di deposito dell'istanza di fallimento, se, ad esempio, avviene il 31/10/2012 dovendosi considerare i dati relativi ai tre esercizi antecedenti si devono considerare gli esercizi 2011 -2010- 2009. La frazione dell'anno 2012 assume rilevanza solo se nella frazione del periodo viene superata la soglia dei 300,000 euro.
Occorre precisare che basta il superamento del parametro in uno solo dei tre esercizi di riferimento per entrare nell'area di fallibilità.
RICAVI
Il parametro dei ricavi lordi è stato precisato specificando che si fa riferimento anche in questo caso ai tre esercizi antecedenti la data di deposito dell'istanza di fallimento, mentre l'ultima dizione "ultimi tre anni" poteva consentire il riferimento anche all'anno della presentazione dell'istanza se il relativo deposito avveniva verso la fine dell'anno.
Il requisito è stato reso più rigido perché non si fa più riferimento alla media degli ultimi tre anni, ma basta il superamento del limite anche in uno solo degli esercizi precedenti per fare venire meno l'esenzione.
I ricavi che rappresentano il fatturato dell'azienda, si ricavano sempre da una voce di bilancio: ricavi delle vendite e delle prestazioni, alle voci A1 e A5 del conto economico, quindi non soltanto i ricavi relativi alla vendita o produzione del prodotto e/o servizio ma anche qualsiasi altra componente positiva, sempre che siano stati generati dall'attività d'impresa.
Per ricavi lordi si intende che non devono essere detratti i costi di diretta imputazione.
La relazione ministeriale chiarisce che i ricavi possono essere accertati in qualunque modo e pertanto possono desumersi, oltre che dalle scritture contabili e dai registri fiscali, anche da accertamenti tributari non definitivi, ovvero da dati extracontabili come ad esempio corrispettivi di contratti di vendita in considerazione della sommarietà dell'istruttoria prefallimentare. Inoltre il giudice può chiedere anche d'ufficio informazioni alla Guardia di Finanza, alla quale possono essere delegate indagini in sede di istruttoria prefallimentare.

L'INDEBITAMENTO COMPLESSIVO
Il decreto correttivo ha introdotto il nuovo requisito al di sotto del quale l'imprenditore deve rimanere per essere esente da fallimento e riguarda il suo indebitamento, più precisamente l'intero ammontare dei suoi debiti anche non scaduti. Il valore non deve essere superiore a euro cinquecentomila ed è riferito al momento del deposito dell'istanza di fallimento.
In tale modo si recuperano all'area di fallibilità le imprese, anche di medie dimensioni, che non raggiungevano i requisiti degli investimenti e dei ricavi perché inattive o poste in liquidazione negli ultimi esercizi prima della dichiarazione di fallimento.
Secondo la dottrina nell'importo dei debiti che concorrono al calcolo vanno ricompresi, tra quelli indicati al passivo del bilancio (art. 2424 c.c.):
DEBITI INDICATI ALLA LETTERA C)
Debiti relativi ai TFR di lavoro subordinato.
DEBITI INDICATI ALLA LETTERA D)
Obbligazioni, debiti verso soci per finanziamenti, debiti verso banche, debiti verso altri finanziatori, acconti, debiti verso fornitori, debiti rappresentati da titoli di credito, debiti verso imprese controllate collegate e controllanti, debiti tributari, debiti verso istituti di previdenza e di sicurezza sociale ed altri debiti
4) Requisito oggettivo:
Resta invariata la sussistenza del requisito oggettivo dello stato di insolvenza (art. 5) e dell’esistenza di debiti scaduti e non pagati risultanti dall’istruttoria prefallimentare pari o superiore a € 30.000 (art. 15).


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