Home > Musicisti e Artisti > Guide

La sala prove musicale: acustica, feeling e altri suggerimenti.


La sala prove è la stanza dove i musicisti hanno modo di creare, perfezionare le esecuzioni, cercare o migliorare il feeling con i compagni di suonate, in tre parole: vivere la musica. Non bisogna sottovalutare la sua progettazione perché per tanti versi può essere considerata anche lei uno strumento musicale, un grande strumento che decide molte cose su quello che suoniamo: è meglio quindi se ciò non succede a nostra insaputa! In più pensiamo sia importante che essa sia organizzata per aiutarci a essere creativi e a sentirci ‘in the mood’, nello spirito giusto, non certo per ostacolarci o limitarci.
Spesso ci si trova a suonare in ambienti di fortuna e ciò può portare inconvenienti di vario tipo: esistono però una serie di semplici accorgimenti che possono migliorare la qualità del nostro tempo in sala prove.

In questo articolo vogliamo introdurre un po’ di concetti fondamentali nella progettazione di queste stanze, presi dalla nostra esperienza professionale e musicale, aggiungendo qualche dritta per fare cose semplici ma efficaci o per smitizzare alcuni luoghi comuni non veri.

La risposta delle stanze al suono e il loro trattamento acustico.

Ogni stanza risponde al suono che gli viene creato all’interno e lo modifica in base a numerosi fenomeni, descritti dalla fisica Acustica. Il più noto è il riverbero: esso è la somma di tutte le riflessioni date dalle superfici e dagli oggetti presenti nell’ambiente; siamo talmente abituati a vivere in ambienti chiusi che non ci facciamo caso ma esso è sempre presente: se provate a entrare in un ambiente spoglio e silenzioso e battete le mani lo percepirete molto chiaramente, in stanze arredate o trattate esso assume caratteristiche diverse da questo caso eclatante, ma negli ambienti ‘musicali’, come le sale prova, deve essere controllato affinché sia di aiuto alla generazione e all’ascolto/registrazione del suono.

Il genere di musica che si suona nella sala è fondamentale per decidere la quantità di riverbero richiesta dentro di essa: la musica moderna (rock, pop ed elettronica) ne vuole poco, perché se ce n’è bisogno esso viene creato per mezzo di effetti analogici o digitali, la musica classica e la musica acustica in genere, tendono invece a desiderarlo in quantità diverse, per dare calore e corpo al suono. Per controllare la riverberazione della stanza si studia la quantità, la tipologia e la disposizione dei materiali che si selezionano per rivestire le sue superfici.

Purtroppo il solito polistirolo non serve a molto, la sua funzionalità acustica è molto limitata. I pannelli portauova possono essere usati solo in un’ottica di risparmio totale, mai in posti aperti al pubblico perché non sono ignifughi, raccomando quindi ai privati che vogliono usarlo di munirsi di un estintore.

Un’altra credenza diffusa ma sbagliata è che si debbano rivestire completamente le superfici con un solo materiale, tipicamente con i pannelli di bugnato o di piramidale (le ‘spugne’ fonoassorbenti) o aggiungendo tendaggi vari, moquette o tappeti ovunque.
Il risultato è sempre quella fastidiosa sensazione di sordità, o di “ovatta nelle orecchie”, che si ha quando si sta in stanze trattate in questo modo; penso essa sia deleteria, oltre all’ascolto, anche per trovare uno spirito creativo mentre si suona.
Il consiglio pratico in questo caso è di rivestire con il bugnato/piramidale solo il 40-50% delle superfici delle pareti e del soffitto, anche senza rispettare una continuità o un ordine specifico nella disposizione, sempre in un’ottica di semplicità si può prevedere qualche tappeto a pavimento.

Oggigiorno esistono comunque un’infinità di materiali per la correzione acustica degli ambienti (anche più belli del solito piramidale nero ;-) ), tutti ben resistenti al fuoco, cosa importante in un posto con tante apparecchiature elettriche, atossici e utilizzabili in congiunzione con altri, o con quelli già presenti, all’interno di un progetto del trattamento acustico.
Negli ultimi 20 anni è stato introdotto dal mondo della ricerca l’utilizzo dei pannelli fono-diffondenti (preferisco non chiamarli ‘diffusori’ perché questo è spesso un sinonimo per le casse acustiche e oggi ne esistono anche a pannello!), essi sono strutture generalmente rigide che con forme appositamente studiate, rompono le onde sonore quando raggiungono la loro superficie, facendo sì che le riflessioni tornino indietro ‘spezzate’ in molte direzioni diverse. L’effetto ottenuto è quello di avere un campo sonoro più diffuso, più naturale e piacevole all’ascolto. Questa nuova tecnologia può essere usata per dare l’impressione di essere in un ambiente più grande, penso a un palco per esempio, e non è da sottovalutare per chi desidera degli standard acustici elevati (di solito sono apprezzati da chi suona strumenti acustici e classici in genere). Tali pannelli mantengono la proprietà di assorbire le riflessioni e sono uno strumento molto utile in un trattamento ben fatto.

Un altro fenomeno importante da considerare, legato anch’esso al comportamento delle riflessioni e quindi al riverbero, è quello delle risonanze: ogni stanza può essere infatti considerata come una grande cassa (quasi come negli strumenti a corde) che amplifica determinate frequenze e ne attenua altre adiacenti.
Purtroppo si hanno solitamente a disposizione delle stanze che sono piccole per le dimensioni delle onde sonore (superficie del pavimento inferiore ai 20-25 metri quadrati): tendenzialmente risuonano molto proprio in corrispondenza di note delle prime ottave del pianoforte. Ciò significa per esempio che non tutte le note di un basso elettrico, di un contrabbasso, di un organo elettrico, etc. verranno generate e sentite con la stessa intensità e qualità all’interno di una saletta: potrebbe essere che il MI riempia tutta la stanza mentre il SOL o addirittura il FA non abbiano mordente.

Il fenomeno ha una distribuzione spettrale (cioè nel mondo delle frequenze, che è direttamente legato a quello delle note musicali) e una spaziale all’interno della stanza: a seconda della sua geometria e della posizione delle sorgenti le risonanze si manifestano in corrispondenza o nelle vicinanze di note diverse, mentre nello spazio lo fanno come onde stazionarie, onde sonore ‘ferme’ che si impongono in zone di livello sonoro basso e altre di elevato.

Nel grafico vi portiamo ad esempio cosa succede quando si suona il secondo FA del pianoforte (il primo della chitarra, il secondo del basso) e si ha l’amplificatore vicino ad una parete, quando quella affacciata è a circa 4 metri di distanza (asse x, le pareti sono idealmente a sinistra e a destra del grafico): l’energia sonora della fondamentale si distribuisce in tre ‘strisce’ spaziali di massimo e due di minimo, tutte chiaramente percepibili a orecchio.
Per avere un comportamento degli ambienti più uniforme su tutte le note musicali si usano materiali specifici al trattamento delle basse frequenze e si studiano le posizioni degli amplificatori e dei musicisti in funzione della stanza in considerazione. I materiali fonoassorbenti classici di spessore limitato (bugnati, piramidali, etc.) non agiscono su queste note, esistono invece vari tipi di moduli assorbitori (detti comunemente trappole per i bassi o ‘bass traps’) che servono a riequilibrare la risposta delle stanze proprio nei suoni gravi.

Oggigiorno anche in questo campo la ricerca ci offre diverse soluzioni, buone per tutte le tasche; la più semplice per iniziare a fare qualcosa a riguardo è quella di portare un vecchio divano imbottito nella stanza, sicuramente se ne guadagnerà in socialità e comfort! Usando accuratamente gli elementi di cui sopra (solitamente in legno o rivestiti in tela) si possono ridurre i fastidiosi ‘rimbombi’ delle stanze, i decadimenti delle risonanze che troppo spesso rendono il tempo di riverbero a bassa frequenza esageratamente lungo. Una sala prove ben trattata può diventare una sala di ripresa per fare delle registrazioni, esiste anche la possibilità di avere un’acustica variabile, cioè approntare un trattamento facilmente modificabile che cambi il comportamento dell’ambiente a seconda di ciò che vi si vuole fare e suonare al suo interno.


L’insonorizzazione: nota dolente?

Quando si parla di sale prova si tratta spesso di livelli sonori molto elevati: un gruppo rock arriva tranquillamente ai 110 dB, e molti strumenti più ‘classici’ non sono da meno, sia il pianoforte che il trombone, per esempio, possono superare i 100 dB.
Diventa quindi importante insonorizzare per non passare i guai che conosciamo tutti, soprattutto perché troppo spesso ci si trova a provare la sera e oltre, quando il rumore di fondo generale è basso (tra i 30-45 dB a seconda del traffico stradale e della zona). Il consiglio da due cent è di evitare di suonare in costruzioni abitate la sera, la distanza è il primo fattore naturale di isolamento. Purtroppo non sempre è possibile: quanta gente non ha mai suonato in una cantina o in un garage con della gente che ‘dormiva’ nelle immediate vicinanze?

Insonorizzare è in realtà una faccenda delicata, ogni edificio è come un individuo a sé e quindi può richiedere interventi diversi da altri. Il concetto principale da cui partire quando si vuole fare un buon intervento è quello di agire su tutte le superfici della camera in questione, le eccezioni si possono fare solo dopo un’attenta analisi della singola situazione da parte di una persona specializzata. Se si vuole fare da sé o affidare il lavoro a manodopera non specializzata, l'aiuto di un consulente può evitare numerosi errori e quindi spese inutili.
I primi punti deboli nelle stanze sono quasi sempre le porte e i serramenti, quindi se il budget è limitato suggerisco di partire valutando un intervento su questi elementi, spesso i benefici saranno sensibili; consiglio poi di prevedere un sistema di ricircolo dell’aria o, meglio ancora, un impianto di condizionamento: anche qui si dovrà fare attenzione che le aperture non diventino vie di passaggio per il suono.
Quando i livelli sonori sono elevati e i vicini troppo vicini, si necessita di interventi radicali che è meglio affidare a progettisti del settore.

Non mi stancherò mai di raccomandare sempre il dialogo schietto e il rispetto di orari concordati con chi può essere disturbato. In fine di paragrafo voglio chiarire un altro falso mito ancora molto diffuso: spesso si è convinti che i materiali fonoassorbenti (piramidali/bugnati, spugne, tende, etc.) siano anche fonoisolanti, cioè impediscano la fuoriuscita del suono dalla stanza; in realtà non è così: la loro azione a riguardo è minima perché la loro vera funzione è di attenuare e assorbire le riflessioni che si hanno quando il suono colpisce le superfici dure (tipicamente i muri, il pavimento e il soffitto), cioè di ridurre il riverbero della stanza, ma non di fermare il suono diretto, creato nel nostro caso dagli strumenti e dall’impianto.
Essi acquisiscono del potere fonoisolante quando sono accoppiati a materiali quali il piombo o le gomme-piombo, sussiste però il fatto di non poter esagerare col loro utilizzo per il già citato fenomeno di ‘spegnimento’ della stanza.
I materiali fonoisolanti hanno massa (sono pesanti) e non sono esageratamente rigidi (il piombo è il più famoso ma oggigiorno ne esistono molti altri efficaci e meno dannosi per la salute, esso va sempre maneggiato con molta cura), tipicamente si usano più materiali e tecniche diverse per creare un sistema di insonorizzazione adeguato ai livelli sonori che si vogliono abbattere e alla tipologia di stanza e costruzione su cui si sta intervenendo.

Nel caso di attività professionali (p.e. le sale prove vengono affittate a delle persone) il comune chiede uno studio di impatto acustico che deve essere redatto da un tecnico competente in acustica ambientale (è uno dei servizi che svolgiamo, contattateci per avere informazioni a proposito).



Decidere la posizione dei musicisti e degli strumenti.

Dato che ogni sala prova ha forma, dimensioni, strumenti e apparecchiature al suo interno molto diversi dalle altre, è difficile entrare nei dettagli: ogni situazione meriterebbe un’ analisi a sé; si possono comunque fare anche qui delle considerazioni pratiche che penso siano utili in generale.
Innanzitutto si deve curare la posizione dell’impianto voce, in una stanza piccola esso può permettere a tutti di sentire bene il cantato e quant’altro, senza avere bisogno di casse spia. Tutti i musicisti devono vedere interamente i coni delle casse, in tal modo riceveranno una buona fetta di suono diretto da esse.

Vi verrà da chiedere riguardo i fischi, il feedback: qui consigliamo di stare attenti alla posizione dei microfoni nella stanza (è appurato che non bisogna mai puntare il diaframma – la testa - dei microfoni verso le casse!) e di non portare mai l’impianto al limite delle sue capacità, piuttosto bisognerà curare i volumi degli altri strumenti.

Se possibile si eviti di mettere qualsiasi cassa acustica negli angoli: lì si concentrano tutti i massimi dei modi di risonanza delle stanze e il risultato è solitamente di rovinare l’uscita e l’ascolto delle basse frequenze (molto importanti p.e. per un tastierista, per un cantante col registro di basso o nel caso si usi l’impianto per fare uscire una base).

Pensiamo sia fondamentale che ognuno abbia un buon ascolto e visuale di tutti gli altri, ciò si può ottenere disponendo per esempio le postazioni in cerchio (di modo che ognuno guardi verso il centro), discostandosi dalle pareti e curando attentamente i singoli volumi in funzione di chi ha meno uscita. Comunque sia non esagerate col volume perché purtroppo anche la musica può creare danni all’apparato uditivo: ricordiamo che oltre gli 85-90 dB si entra già nei livelli di affaticamento uditivo e quindi di rischio, al superamento di questi l’unica difesa per non avviarsi alla sordità è la riduzione dei tempi di esposizione e l’utilizzo di protezioni quali i ‘tappi’ per le orecchie (oggi ne esistono di specifici per i musicisti).

Il cantante deve curare la propria posizione per evitare rientri troppo forti e i punti della stanza dove si innescano i fischi dovuti all’interazione microfono-casse (feedback, effetto Larsen) e avere allo stesso tempo un buon ascolto di sé stesso, penso inoltre che dovrebbe stare nelle vicinanze del mixer, per poter avere controllo del proprio segnale.
Ai chitarristi elettrici che hanno problemi a sentirsi diciamo di rialzare l’amplificatore dal suolo di un 70 cm (p.e. su uno sgabello alto, unica pecca di questa soluzione è una perdita di spinta sui bassi) e, se possibile, di non suonargli da parte, ma di fronte ad almeno 2-3 metri di distanza. Gran parte del suono della chitarra esce infatti in modo direzionale (diritto di fronte al cono) e stando da parte all’ampli non si percepisce mai il vero livello uscente, si finisce sempre ad assordare chi sta di fronte e a subire lamentele inutili! Qui viene da raccomandare attenzione al momento della scelta dell’amplificatore, purtroppo molti ampli valvolari di fascia medio-alta tendono ad andare a regime (funzionare bene, andare ‘in coppia ’) solo a livelli sonori che sono già ben elevati: dato che si tende a suonare di più in sala prove che dal vivo, o si differenzia la spesa o è meglio ragionare su qual è il vero utilizzo che si farà dell’amplificatore in questione.

Per quanto riguarda l’amplificatore del basso esso può rimanere per terra, i suoni gravi sono infatti riprodotti in modo omnidirezionale (verso tutte le direzioni), suggeriamo sempre di tenerlo scostato dalle pareti e comunque sia di dare attenzione all’equalizzazione delle prime due ottave (a seconda dell’intonazione della corda grave, tra i 30,9 Hz del SI0 o i 41,2 Hz del MI1 e i 164,8 Hz del MI3, il terzo MI sulla tastiera).

Posizionare la batteria acustica su una pedana in legno aiuta a ridurre il passaggio delle vibrazioni nella struttura della costruzione in cui è inserita la sala prove, essa deve essere ben riempita con materiale fonoassorbente perché non risuoni ai colpi della cassa. Il trattamento acustico della sala deve poi essere curato per contrastare l’effetto di rinforzo dato dal riverbero al suono dei piatti: sempre parlando di un trattamento semplice si concentrerà più materiale fonoassorbente sulle superfici vicine alla batteria che sulle altre.

Ricordo che la batteria è lo strumento che riesce a generare i suoni più intensi, e nelle sale prova è spesso per colpa sua (ma anche dei chitarristi! ;-) ) se gli altri strumenti non si sentono.
Suggeriamo sempre di tenere anche i pianoforti a coda e a mezza coda non a ridosso delle pareti, conosco dei pianisti che uscivano storditi dalle loro lunghe sessioni di studio, proprio per l’effetto di amplificazione dei bassi che si ha tenendo sia il musicista che lo strumento troppo vicini alle pareti.

I fiati dovrebbero stare vicini fra loro per sentirsi bene, disposti in parallelo come dal vivo, scostati anche loro almeno mezzo metro da una parete e ‘puntati’ verso gli altri musicisti, se microfonati a distanza (cosa non sempre necessaria per gli ottoni) si dovrà curare la disposizione dei musicisti e dei microfoni, di modo da diminuire i rientri del suono degli altri strumenti ed evitare anche qui i fischi. Gli strumenti acustici a corda (archi, chitarre, etc.) e gli altri strumenti dalla minore potenza acustica come già detto apprezzano la diffusione delle riflessioni sonore.

Spesso sono amplificati nel caso ci sia una batteria o uno strumento elettrificato nella stanza, in tal caso la trasduzione (il microfonaggio o l’applicazione di pickup specifici) può essere delicata da bilanciare per la presenza di fenomeni di risonanza quali il già citato effetto Larsen e le scelte andrebbero affidate ad un tecnico del suono.
L’alternativa all’amplificazione è il vecchio metodo di aumentare il numero di strumentisti sulla stessa parte (pensate alle orchestre e alle bande): l’incremento di potenza sonora a dire il vero non è enorme, l’aumento in ‘spessore’ del suono e i giochi armonici che ne escono possono invece essere fondamentali per la riuscita di un brano.

In questo caso le sale prove devono essere necessariamente più grandi per ospitare le persone coinvolte. Dato che è difficile trovare la situazione ideale, l’ultimo consiglio pratico è quello di provare a cambiare le postazioni di tanto in tanto, anche solo per poco tempo, i vantaggi possono essere numerosi come ogni volta che si scopre un nuovo punto di vista, ci si può anche preparare alle ‘strane’ situazioni in cui talvolta ci si trova quando si esce dal vivo.